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Palazzo Vecchio - Piazza della Libertà 5 - Bagnacavallo (RA) tel. 320.8381863 - 333.7866395 e-mail: cinemabagnacavallo@gmail.com Fb e Instagram: cinema palazzo vecchio. Il parcheggio in Piazza della Libertà è sempre gratuito dalle ore 20. Orario spettacoli: Martedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato ore 21.00 Domenica ore 16 e ore 21

venerdì 29 febbraio 2008

sabato 1 e giovedì 6 marzo - FUNERAL PARTY

sabato 1 e giovedì 6 marzo - FUNERAL PARTY

Una sconclusionata famiglia inglese si riunisce al funerale del patriarca nella grande casa natale. Le tensioni familiari crescono e vecchi conflitti mai sopiti tornano a galla. Ma la situazione esplode quando un uomo misterioso si presenta al funerale e ricatta i figli minacciando di rivelare l’oscuro segreto del defunto. I due figli faranno di tutto per evitare che la vergognosa notizia trapeli e che i parenti vengano a conoscenza di tale segreto. Quello che dovrebbe essere un giorno di raccoglimento si trasforma così in una rocambolesca catastrofe.

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sabato 23 febbraio 2008

Sabato 23 e giovedi 28 febbraio - PIANO SOLO

Sabato 23 e giovedi 28 febbraio - PIANO SOLO








Rimasto profondamente turbato dalla morte accidentale della madre, il piccolo Luca Flores trova una scappatoia dalla realtà suonando il pianoforte. Dopo il diploma al conservatorio viene introdotto al jazz di Bud Powell e nel giro di qualche anno si fa notare dai maggiori musicisti italiani e da Chet Baker, che lo chiama ad accompagnarlo nel tour europeo.

Piano, solo racconta la storia di un artista tormentato, la sua vita privata, l'ascesa al successo fino al drammatico suicidio.
La storia è piena di "musicisti dall'inferno", artisti così sensibili da perdere qualsiasi contatto con la realtà - agevolati o condannati da una latente patologia psichica - al punto da venire risucchiati dalla musica stessa. Luca Flores è uno dei talenti nascosti del jazz italiano, un pianista vissuto tra il 1956 e il 1995 che durante la sua carriera ha suonato con veri e propri mostri sacri della musica colta, da Massimo Urbani a Chet Baker, ma che sognava di esibirsi in una casetta-giocattolo lontano dagli sguardi del pubblico. A sottrarlo all'oblio, prima ancora di Riccardo Milani, fu Walter Veltroni che nel suo libro "Il disco del mondo" ne narrava la breve vita ricca di trionfi ma di altrettanti dolori. Se il titolo del libro faceva riferimento a un disco amato dal musicista - "Il clavicembalo ben temperato" di Bach - quello del film trova nel preludio di Sergei Rachmaninoff una doppia chiave di lettura, musicale e umana.
Fedele alla ricostruzione letteraria, Piano, solo ne mette in scena i punti salienti: gli anni spensierati in Africa, la morte della madre che graverà come una tacita colpa fino alla fine dei suoi giorni, l'affermazione come pianista, i primi concerti, il favore dei colleghi, l'amore per Cinzia, i primi segnali di squilibrio.
L'installazione drammatica volta a cogliere il lato più oscuro del musicista non offre neanche uno scorcio di leggerezza all'uomo, che persino dinanzi all'amore sembra titubante, distante. Trascendentale di fronte alle scale infinite che ripete al piano con devozione ossessionata - quasi a voler creare un contatto con quella madre che pensa di aver tradito, di aver ucciso - Luca Flores rivive sullo schermo attraverso la postura e lo sguardo di Kim Rossi Stuart.
Senza nulla togliere all'interprete - che regala profondità e contemplazione al musicista - sarebbe stato curioso vedere negli abiti di Flores un attore di diversa estrazione che riuscisse a misurare il lato serio al faceto rendendolo più umano. Considerata la necessità da parte di sceneggiatori e regista di raccontare l'uomo prima ancora dell'artista (esperimento cinematografico pienamente riuscito al Rembrandt di Martin Freeman), si poteva deviare dall'impianto narrativo tradizionale lasciandosi guidare dall'improvvisazione.
Tuttavia fa onore a Riccardo Milani aver riportato alla luce uno dei più formidabili talenti custoditi nella storia del jazz italiano e aver trovato dei protagonisti - notevolmente sobri - che ne potessero preservare la memoria. Tra tutti spicca la Baba di Paola Cortellesi, l'adorata sorella che fu la prima ad avvertire la caduta agli inferi della mente e dello spirito di Luca Flores.

venerdì 15 febbraio 2008

Sabato 16 e giovedì 21 - FAST FOOD NATION

Sabato 16 e giovedì 21 - FAST FOOD NATION
di F. LInklater (Usa 2006, 116')

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Il direttore marketing della Mickey's Food Restaurants (una catena di fast food) si trova a dover lasciare il suo comodo ufficio in California per raggiungere il luogo dove si trova l'industria che macella le bestie e produce gli hamburger che fanno la fortuna della sua impresa commerciale. C'è infatti il sospetto che la carne non sia igienicamente a norma. Nello stabilimento di macellazione lavorano numerosi immigrati messicani giunti negli States illegalmente. Il film segue le loro vicende e quelle del manager.

Richard Linklater si è ispirato al libro-inchiesta omonimo scritto da Eric Schlosser. Invece di trasformarlo in un documentario ha deciso di trarne una fiction con numerosi attori importanti. Dopo SuperSize Me parte un altro attacco conto le catene di fast food. Se queste si giustificano dicendo che è grazie a loro che i meno abbienti possono nutrirsi di carne a un prezzo contenuto, Linklater non è dello stesso avviso. Decide di dirlo seguendo un doppio binario. Segue il percorso della carne animale mostrando l'immacolata asetticità degli spazi in cui la si macella ma anche la scelta di parti di scarto finalizzate alla produzione degli hamburger. Ma, e questo rafforza la denuncia, segue anche la strada
che la 'carne' umana (i lavoratori clandestini) si trova costretta a percorrere tra umiliazioni, rischi fisici e necessità per le donne di piegarsi ai voleri dei maschi che possono decidere del loro futuro.

venerdì 8 febbraio 2008

sabato 9 e giovedì 14 febbraio - LE RAGIONI DELL'ARAGOSTA

sabato 9 e giovedì 14 febbraio - LE RAGIONI DELL'ARAGOSTA

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Un pescatore di aragoste contatta Sabina Guzzanti per sensibilizzarla sullo spopolamento del mare nella Sardegna occidentale. Inizialmente non interessata, l'attrice si entusiasma quando scopre il passato di operaio alla Fiat del pescatore. Non solo, ma allestire uno spettacolo per attirare l'attenzione dei media sulle aragoste potrebbe essere l'occasione per riunire la banda di
Avanzi dopo 15 anni. Senza contare che Pierfrancesco Loche, una delle colonne del gruppo di allora, si è trasferito nel villaggio di Su Pallosu e sarebbe felice di ospitarli. Inizia così un'avventura artistica e umana esaltante ma anche densa di ostacoli.
A due anni dal successo di Viva Zapatero, la Guzzanti torna al cinema con Le ragioni dell'aragosta, un film meno politico, polemico e compiaciuto, percorso da una vena felicemente introspettiva e personale. La riunione del cast di una trasmissione di culto degli anni Novanta è spunto per una sorta di Grande freddo all'amatriciana mai patetico o autocelebrativo, bensì fresco, sincero e accorato. Accanto alla gioia di rivedere gli altri e di rievocare una parentesi di lavoro e di vita irripetibile, ciascuno porta in dote i fallimenti personali: Loche ha abbandonato la recitazione per dedicarsi alla batteria nel suo eremo, Antonello Fassari e Francesca Reggiani cedono al panico pochi giorni prima dello spettacolo. Ma il momento di vulnerabilità più commovente appartiene a Cinzia Leone: il suo pianto a dirotto sulla terribile malattia superata mette i brividi. E anche la storiella sul brodo con cui Loche rincuora la Guzzanti in camerino prima dello spettacolo lascia il segno.
Non mancano divertenti accenni di satira contro Berlusconi e la Fiat, ma il fulcro del film sta nel pudico ritratto di una generazione che credeva di cambiare il mondo e che dal mondo, come tutti, è stata molto ammaccata. Speriamo che la Guzzanti incanali più spesso l'incontenibile narcisismo in questa direzione.

venerdì 1 febbraio 2008

Sabato 2 e Giovedì 7 Febbraio - SICKO

SICKO
Un film di Michael Moore. Genere Documentario, colore 120 minuti. - Produzione USA 2006.


sabato al termine del film incontro con il dott. Paolo Randi


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Michael Moore colpisce ancora. Questa volta il suo bersaglio è il sistema sanitario statunitense che costringe migliaia e migliaia di persone a morte certa perché prive di un'assicurazione. Ma questo argomento non è che il prologo di
Sicko perché in un breve arco di tempo l'attenzione si concentra su quelli che invece una copertura assicurativa ce l'hanno ma scoprono che le grandi e piccole società del settore escogitano qualsiasi strategia per evitare di pagare il dovuto.
Moore conosce alla perfezione i meccanismi della denuncia e quando ci mostra persone rispedite a casa (con taxi pagato però) senza alcuna cura perchè non in grado di sostenere le spese di ricovero o un uomo che, essendosi tranciato falangi di due dita lavorando, ha dovuto scegliere quali farsi riattaccare e quali non sulla base del prezzo, colpisce il bersaglio. La situazione americana in materia ha superato il limite del sopportabile e l'accusa è precisa e circostanziata. Moore però mostra, ancora più che nei film precedenti, i suoi punti deboli. Non ama il contraddittorio se non per metterlo in ridicolo e in questa occasione ha deciso di escluderlo totalmente. Nessun dirigente delle Società di assicurazione compare nel documentario. Ciò che poi più colpisce è l'immagine da Alice nel Paese delle Meraviglie che ci propone delle società canadese, inglese e, in particolare, francese. In quei mondi tutto sembra essere perfetto e idilliaco in materia di assistenza medica. Sappiamo bene che non è così ma Moore non sa resistere alla tentazione di idealizzare rischiando così in realtà di indebolire un j'accuse assolutamente fondato.
Quando fa scorrere sullo schermo con la grafica di Star Wars l'elenco delle malattie escluse da copertura assicurativa si ride ma lo si fa con l'amaro in bocca. Quando poi ci mostra i volontari che l'11 settembre 2001 si precipitarono a Ground Zero per aiutare nei soccorsi riportando malattie croniche che nessuno si preoccupa di aiutarli a curare non si ride più. Si pensa solo al cinismo e alla retorica della dirigenza di una grande nazione che 'usa' i propri veri eroi. Moore risponde a tutto ciò con il grottesco che gli è proprio. Subissato come tutti i suoi compatrioti da informazioni tranquillizzanti sul trattamento (anche dal punto di vista medico) dei detenuti di Guantanamo decide di portare i suoi volontari malati nella base americana per garantire loro le cure che l'Amministrazione Bush dichiara di prestare ai membri di Al Qaeda arrestati. Ovviamente non riesce nell'impresa e li fa curare dai medici di Cuba nelle cui farmacie un medicinale che negli States costa 120 dollari può essere acquistato per 50 centesimi. Questo lo ha fatto mettere sotto inchiesta per espatrio illegale e altre violazioni dell'embargo nei confronti di Cuba. È il tipo di clamore che il regista cercava? Forse sì. Forse no. Nonostante le esagerazioni di cui sopra resta però nello spettatore la sensazione che Moore creda profondamente alla frase di Tocqueville che inserisce nei titoli di coda: “La grandezza di un Paese si misura sulla sua capacità di porre rimedio ai propri errori"